1 Geopoetica e geopolitica
Il termine Geopolitica, di origine tedesca, è un neologismo degli anni Trenta. Fu in quell’anno che Jacques Ancel, professore di geografia politica all’Istituto di Alti Studi Internazionali dell’Università di Parigi, lo introdusse in Francia. Lo utilizzò come titolo di un “saggio dottrinale di geografia politica”, costituito di tre grandi parti: I Metodi (“Geografia tedesca o geografia francese?”), L’Inquadramento (“La frontiera nel tempo, la frontiera nello spazio”), La Nazione (“Principio territoriale, principio psicologico?”). Da buon stilista francese, si scusa del “pedantismo”, ma non voleva che un termine così significativo fosse accaparrato dalle “mentite spoglie della scienza tedesca”. Oltre-Reno, è proprio sul concetto di Geopolitik - un’invenzione dei “professori tedeschi” - che il nazional-socialismo hitleriano stava ponendo le proprie basi, in modo grossolanamente semplicistico e propagandistico: la Zeitschrift für Geopolitik fu lanciata da Haushofer verso il 1926. Bisognava dare a questo termine, che sarebbe diventato intellettualmente preponderante e potenzialmente nefasto, maggior precisione, e altre prospettive. E bisognava, per la Francia, avanzare su questo terreno instabile. È che, fino a quel momento, la Francia era rimasta piuttosto ripiegata su se stessa, sulla propria identità. La sua scienza geografica, per quanto fosse raffinata e analitica, era interna e statica. Bisognava che, d’ora in poi, si aprisse a uno spazio esterno, dinamico, ma senza nulla perdere delle qualità rappresentate egregiamente, agli occhi di Ancel, dalla geografia umana di Vidal de La Blache, così come fu esposta, nel 1922, nei Princìpi di geografia umana.